domenica 28 giugno 2009

L'arte nell'era post industriale






Ieri recandomi al Priamar per vedere Turandot, l'opera di Puccini ho scorto delle opere d'arte esposte,
veramente particolari ecco le foto.

In un mondo post-industriale quale è il nostro, le traccie si caratterizzano da una realtà disgregata,
spezzata, rotta, un immenso luogo costituito principalmente da parti consumate e dismesse.
Parti frettolosamente consumate e gettate in oscuri luoghi che neghiamo, ma che in realtà
costituiscono parte integrante della nostra società; non a caso , chiamata dei Consumi.
Serge Van De Put artista belga, "Legge" e mostra questo ed altro della nostra civiltà.
La sua scultura è costituita sostanzialmente da copertoni e gomme intersecate fra di loro, per creare
forme animali in movimento nello spazio.
una materialità che colpisce per la sua resa tattile, la gomma si sostituisce alla fibra muscolare
compiendo una raffigurazione realistica, non rappresentativa .
Forme che sono interamente create da parti di scarto industriale, perché in fondo la moderna civiltà dello sviluppo è un qualcosa che ghermisce e attanaglia tutto e tutti.
Demiurga, essa ritrae tutto e tutti a propria somiglianza, persino coloro che ne sono estranei, quali gli animali stessi,un invadere nelle sfere della vita, che l'industrializzazione sta compiendo nel mondo post- industriale(paradosso) , un involuzione, che noi, artefici, non badiamo.
Un discorso che passa anche per i grandi temi di oggi: ecologia, industrializzazione, macchina-centrismo, estinzione.

Se lo volete scoprire potete guardare le mie foto o recarvi a Savona, presso conarte.

lunedì 2 marzo 2009

concorso grafico



Pubblico oggi la mia proposta per il concorso indetto dalla Società Cattolica Ns di Misericordia.
Il suddetto concorso si propone di rinnovare il logo della società scegliendo fra svariate proposte create da studenti, artisti e chi ne abbia intento di parteciparvi.
Ed io naturalmente, grafico novello, ho pensato di partecipare.
Aggiungo che il presente lavoro è ancora da terminare , ancora in fase embrionale,
ma all'incirca il prodotto finale non si dissocierà troppo da questo che vi ho presentato.

per info sito web www.socsv.it

domenica 8 febbraio 2009

derive infantili al potere

La scienza chiamata pedagogia è basilare per educare pienamente un bambino.
Quando il fanciullino persevera negli errori e specialmente non viene instradato e costretto all'analisi, anche attraverso il cosiddetto "castigo"- naturalmente non con la forza veemente della violenza, ma con la fermezza del "no, questo non lo puoi fare caro"-non può capire,non può concepire la convivenza civile e il rispetto delle regole e delle "libertà degli altri" di cui non abbiamo arbitrio.
il bambino cresce in assenza di ogni criterio di civiltà e rimane quindi un fanciullino, disobbediente.


Io ho l'impressione di avere un primo ministro che non ha scontato nessun castigo che meritava,
egli infatti ha sempre cambiato le regole vigenti, prima che la mamma lo sculaciasse.

Gli italiani hanno avuto la capacità intelettiva di votare un poppante conducendolo al potere.
Ma la situazione non è rosea, come si potrebbe pensare dicendo: Bhé, infondo è solo un ragazzino che spara delle battute e niente più.
No signori,
perché Il poppante al potere è più distruttivo di un uomo diabolico nella stessa posizione.

lunedì 2 febbraio 2009

Scritti Creativi:


L'ARTE DI CAMBIARE SENZA MODIFICARSI.

Si espongono ora, semplici calcoli matematici, nulla più.

C'è oggi chi spinge la popolazione all'acquisto smodato,
ma essi non hanno la concezione di ciò,
conoscono
solo: lavoro, cibo e riposo,
contigui e ciclici.

Gli stessi che ora spingono all'acquisto,(un tempo non ne avevano bisogno alcuno)
predicavano: lavoro, cibo e riposo,
ma la popolazione non aveva la concezione di ciò,
acquistava in un moto ciclico e contiguo.

La politica è la matematica del potere perchè...

Cambiando l'ordine degli addendi il risultato, come sappiamo, non cambia.


Alex.

domenica 1 febbraio 2009

LA FILOSOFIA E LA CULTURA NEL MONDO ODIERNO

INCONTRO:

Pop Filosofie, Pop Culture
"LOST DAY."
Sala del Minor Consiglio
31 gennaio 2009, ore 17.00

La giornata genovese cupa, decisamente "out" e uggiosa che si prestava davanti a me era veramente sgradevole e la superficie della strada intrisa come una spugna d'acqua, non provocava buoni propositi dentro di me per la prosecuzione giornata.
Tutto d'un tratto però distogliendo il pensiero da quel paesaggio desolante e nello stesso tempo cosi naturale e quindi affascinante, pensai che tra poco mi sarei recato al Palazzo Ducale per ascoltare una rassegna di incontri denominati "Pop Filosofie, Pop Culture" in particolare oggi stesso si trattava il tema del noto telefilm Lost. Gli ospiti illustri della serata genovese sarebbero stati : il noto sceneggiatore della serie Craig Wright e Carlo Freccero noto uomo di spettacolo e di cultura.

Giunti nel meraviglioso palazzo in cui un tempo risiedeva il Doge, un breve ma cruciale filmato estrapolato magistralmente dalla serie televisiva, ci trasporta per un istante nell'isola, dove i principali protagonisti di Lost, sono ripresi bruscamente in un emozionante scena all'interno di un bunker tetro e claustrofobico, posto nelle profondità della giungla(allegoria della profondità della coscienza) dove risiede un computer-deus ex machina che deve essere sostanzialmente vigilato attraverso freddi e incomprensibili numeri, scoperti per caso in questo mondo surreale attraverso simboli o immagini recondite , i quali vengono opportunamente digitati da uno dei protagonisti in fretta e furia per prevenire il peggio.

Tutto per impedire la distruzione di questo luogo scandito dal tempo che scorre inesorabilmente.
Un solo tasto separa la salvezza seppur precaria, dall'incognita mostruosa e agghiacciante: cosa porterebbe l'azione o la sua mancata esecuzione? alla morte, alla libertà? Dilemmi di questi naufraghi che sfiorano la vita e la morte, tematiche importanti proposte da Lost,un telefilm americano che ha spopolato in tutti i continenti dove la sua particolarità di non accostarsi al solito “format” spara e uccidi, lo ha portato qui a Genova per essere discusso ed analizzato.


Apre il dibattito Carlo Freccero che intona un discorso molto chiaro e conciso.

Vi è una differenza sostanziale tra telefilm e telefilm, ci sono gli scacchi e la dama ammonisce Freccero, proponendo una piccola metafora, la dama costituita da pezzi numericamente e strutturalmente identici sono le serie televisive ovvie e qualunquiste dove esiste solo la mercificazione della televisione e niente più.

La trama di questi sceneggiati è spesso ovvia e scontata, nel panorama televisivo sono i più gettonati.

La dama al contrario, giuoco impegnativo a livello intellettuale costituito da pezzi differenti fra di loro rappresenta le serie tv particolari, dove la semplice fruizione non basta, serve eseguire un lavoro di creatività e di rielaborazione dove il fruitore rimane parte attiva ed elabora possibili spiegazioni che toccano un universo ricco di stimoli e creatività.

Uno di questi è sicuramente Lost che è quasi un allegoria alla vita comune di tutti noi dove

siamo tutti naufraghi nella giungla cittadina, ma Lost scende ancora più in profondità.

Freccero aggiunge come questa serie televisiva sia incentrata sulla biografia dei sui protagonisti che si intreccia e si scompone, perché è la loro storia personale a fare da padrona, simboli e allegorie dalla filosofia greca e contemporanea alla religione-mistica che fa parte di noi.

Incalza Craig Wright su questo punto e afferma che la religione qui è intesa non come devozione

ad una figura o ad un dio ma il sacro che alberga in noi, Lost è infondo una lotta che si presenta nelle viscere di noi stessi, nel nostro io.

Le allegorie e la filosofia che ha agganciato saldamente Freccero nel suo discorso piace a Wrigth, anche se ci ricorda che questo tipo di analisi appartiene un po' alla visione strettamente europeista , in particolare italiana, e lui preferisce riferirsi a contesti astratti svincolati dalla cultura vigente.

Le cosiddette avanguardie storiche sconosciute al grande pubblico, non per forza si devono rifare a questo modello di avanguardia vincolata ad una cerchia ristretta di intellettuali, ma nell'era post-pop art , l'avanguardia può, secondo Freccero, essere “pop” cioè essere conosciuta e fruita dal grande pubblico.

A questo punto la parola passa a Wrigth, un uomo che ha saputo trarre il meglio dalla sua triste giovinezza fatta di mali e sofferenze, un incidente da piccolo è stata la germinazione della sua personale creatività, la madre alcolista muore presto e suo padre poco attento alle sue istanze, ai suoi bisogni di affetto, lo lascia alle cure della sua nuova moglie, a detta di Wrigth: “molto sgradevole d'aspetto che compensa il tutto con una smodata cultura”.

Saranno le sceneggiature teatrali le sue principali creazioni dall'adolescenza in poi.

Wrigth, ci racconta le sue disavventure in una modalità particolare, leggendo attraverso un foglio la sua biografia in un perfetto italiano e questo permette al pubblico un perfetto coinvolgimento bipolare: da una parte emotivo e dall'altra ilare.

Per Wrigth la sceneggiatura e il teatro in particolare deve cogliere la parte più isolata e virtuosa della coscienza umana, attraverso idee e visioni che possono aiutare l'uomo a migliorarsi sempre di più.

Nonostante la carriera televisiva per Wrigth il teatro resta e resterà la sua principale occupazione.

Le parole scorrono velocemente e il tempo per le domande sopraggiunge, un ragazzo domanta a Wrigth con un tono lamentoso ma retto il motivo per cui la serie si stia un pò allentando e Wrigth dopo un silenzio dovuto all'attenta traduzione , risponde affermando che i network televisivi cercano sempre di allungare i serial televisivi per motivi di lucro, a volte però questo è un male per l'opera d'arte, perchè nel momento in cui deve "morire" viene protratta la sua agonia snaturando il tutto, costringendo al ripetersi delle situazioni.

Aggiungo io, ora sappiamo perchè Wrigth predilige il teatro.

martedì 27 gennaio 2009

Come dovrebbe essere la politica?



Come un ruscello che anima la natura silente, essa deve comunicare e rendere tutti partecipi nella sua pacata ma stabile presenza.

Quello spettacolo naturale, quell'acqua arcaica, che si infrange nelle rocce della nostra coscienza, percorre il pozzo profondo che alberga in noi.

Essa deve essere un bene di cui siano tutti i beneficiari e fruitori,

deve essere un monito intriso di saggezza che ci sussurra come un antico filosofo l'arte dell'ascolto e della condivisione, “io so di non sapere” si legge contemplando l'antico ruscello

proprio come l'acqua che ci idrata di felicità alzandoci dallo stato di sofferenza, la politica dovrebbe essere intesa come l'elevazione dell'uomo,

non la sua più perversa manipolazione.

Proprio come la natura, essa deve avvolgere tutti e nel contempo nessuno per cogliere quell'intimità dell'io, deve parlare allo spirito più che dallo stomaco vorace.

Il giorno in cui l'umanità cadde nel baratro senza fondo


Questo è un giorno di un ricordo buio e tenebroso che deve essere però un monito per tutti noi.
Perchè in quei luoghi cruenti e maledetti si è giunti alla deriva più meschina dell'uomo moderno .
Ricordare la storia equivale a non ripetere gli stessi errori.
L'uomo privo della conoscenza della storia è come un fanciullo instabile durante il periodo adolescenziale.
Non gettiamo il fardello al tedesco, per liberarci di un peso, perchè è inanzitutto l'uomo che ha creato questo crimine maledetto.
Meditiamo perchè tutto ciò non possa più essere.
Un anno fa intrapresi il viaggio della memoria e questo è il mio modestissimo testo che scrissi durante quei giorni(compreso di errori ortografici del periodo di stesura) :

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Esistono storie scritte, impresse nelle pagine dei libri, immobili.

Esistono anche storie vissute, narrate da uomini e donne combattute fra il ricordo e il dolore, una condivisione, un insieme di sentimenti ed emozioni, che avvolgono, noi, lontani dall’esperienza diretta, ad i testimoni, in un abbraccio che annulla le distanze temporali e fisiche esistenti.


Le numerose testimonianze visionate durante il viaggio, all’interno di un mondo lontano fatto di bianco e nero, che risulta però attuale e presente, a suo malgrado, nel dna della nostra società odierna, toccano nel più profondo di noi stessi, imprimendosi nel ricordo, uomini, donne, anziani, bambini, nessuno era risparmiato dall’odio, dall’oppressione, dalla fredda catalogazione che portava

Infine alla morte cruenta all’interno dei campi di concentramento.

Un viaggio condotto e curato dal presidente dell'A.n.e.d. Maria Bolla, proprio nell'intento di trasmettere empaticamente il ricordo, unica fonte di vera conoscenza

e quindi di difesa, perché l'ignoranza crea demoni, i demoni dell'olocausto, dello sterminio, del nazi-fascismo,dell'odio.

Quegli stessi demoni creati dall'uomo, non sono frutto di menti malate o assolte in una totale pazzia, al contrario tutto il male è stato perpetuato con modalità sistematica, analitica, scientifica, la dottrina e la brutalità con cui veniva imposta ha

permesso il suo successo, un virus che si è propagato nelle strade, nelle case, intriso negli abiti, per finire nelle menti delle persone.

Tutto è documentato, fascicoli, notifiche di decessi, descrizioni nei minimi dettagli dell'impiego di manodopera da destinare alle aziende richiedenti (tra le quali ancora oggi sul mercato), tutto era rigorosamente compilato per ogni detenuto era dedicato un rapporto completo.

La razionalità unita ad un disegno macabro per giungere in un mondo controllato e conforme intriso di sangue e razzismo.


Una donna, nel 1945 ancora bambina, racconta della sua permanenza nel lager di Auschwitz.

Nella sua narrazione corposa e toccante ci fa capire quanto i nazisti consideravano

i deportati oggetti da usufruire, persino i bambini.

Stappata violentemente alla madre, che non rivedrà più, viene portata al Kinder Block, il blocco dei bambini, qui, racconta la testimone, essi venivano costretti al lavoro forzato, presso cave, e con le loro manine delicate e derubate al gioco e allo studio, venivano destinati a spaccare pietre tutto il giorno.

Un di', narra la testimone, una guardia SS, notando le sue manine insanguinate, e la sua folta chioma d'orata, le chiede -perché hai le mani cosi insanguinate?-,- perché spacco le pietre-rispose, la guardia SS colpito dall'estrema somiglianza con le sue figlie le dice di non lavorare in presenza sua, e la informa come eludere il lavoro in presenza di altre guardie mimando il gesto.

Questo ci fa comprende l'irrazionale mutazione che operava nelle menti di quei filo-nazisti.

L'unico essere possibile era riconducibile ad i canoni del popolo tedesco, il resto dell'umanità non si poteva considerare come “umano” ma veniva associato ad un nome fuori da ogni elemento logico-scientifico “sub-umano”.

In fondo se ci pensiamo bene, un popolo omogeneo è più facile da controllare.

Infatti, il controllo era basilare per la vita del sistema oppressivo, una linfa vitale.

La vita di esso era più importante dei suoi cittadini, delle persone, anche a costo di oscurarla, di schiacciarla.

Ella racconta anche di soprusi verso i minori:

Le persone non rappresentavano più esseri viventi, i bambini, gli anziani, i giovani, le donne gli uomini, si tramutavano in orrendi abomini, nemici, un odio verso il diverso

che ancora oggi, anche dopo infiniti studi storico-sociali, abbiamo difficoltà a concepire.

Ma chi erano gli internati?

Gli internati nei campi di concentramento spesso giuridicamente e moralmente

non avevano nessuna perseguibilità legale.

Non erano colpevoli di nulla ponendoci sul piano logico.

Essi erano colpevoli solo di pensare, agire, porsi diversamente, o in contrasto con il volere del sistema.

Venivano divisi e catalogati in gruppi, esistevano i dissidenti politici, contrassegnati con un triangolo rosso, gli ebrei, con la stella di Davide ricamata sul petto, gli omosessuali, contrassegnati da un triangolo rosa.

Questa disumanizzazione, permetteva nelle menti dei nazi-fascisti, di disporre della vita dei detenuti, a loro piacimento, persino per scopo ludico!

Varie testimonianze asseriscono che i bambini nati senza permesso venivano usati come “tiro a segno”.

dice una donna.

Una testimonianza afferma che durante la festa di compleanno, celebrata per

il figlio del comandante SS come “regalo” ordinò di disporre i detenuti in riga per essere abbattuti dal figlio uno dopo l'altro, essi stramazzavano al suolo.


Spesso, quando si ci reca a visitare i campi di sterminio, oramai luoghi di memoria,

dove risiedono sacrari e templi, dove riposano migliaia e milioni di morti, oltre ad un senso di rispetto e dolore, si nota un contrasto fra la natura pura e candida del paesaggio, alla distruzione pura catalizzata nella morte, creata dall'uomo incarnata dai Lager.

Questo aspetto sottolinea ancora di più l'efferatezza umana e di come l'individuo

sia il fautore di questi eventi vergognosi.

Mauthausen, come altri Lager, prima del 1938 era un pacifico paesino nei dintorni di Vienna, dove il verde donava serenità a chi ci posava lo sguardo, i dossi e le colline si affacciavano dinnanzi a grandi abeti rigogliosi, ma poco dopo l'annessione alla Germania nazista

un'azienda gestita dalle SS (Dest), grazie ad una preesistente cava di pietra, decise di costruire un campo di concentramento, da quel momento il luogo si macchio' di sangue e crimini efferati, la parola Mauthausen si trasformo' in sinonimo di morte.

La cava di pietra da quel momento vide la morte di migliaia e migliaia di esseri umani.

I prigionieri, in ogni condizione ambientale, erano costretti ai lavori forzati, scalzi, sprovvisti di equipaggiamento basilare scendevano i 180 scalini della cava, ribattezzati poi “scalini della morte”, dopodiché essi dovevano salire nuovamente la scalinata con il fardello di enormi massi di pietra, durante la salita molti morivano , chi si fermava, racconta un testimone, veniva bastonato a sangue dai kapò,

prigionieri di efferata violenza collaboratori delle SS, oppure fucilati dalle SS.

Un uomo testimone ci narra, dalle parole del suo nipote Marco che se ne fa promotore,


Il ricordo è basilare, lo si comprende empaticamente, dopo una visita ad i campi di concentramento, noi viviamo in un mondo frenetico, lavoro, divertimenti, le notizie ci vengono fornite simultaneamente da più fonti sinteticamente, il ricordo, spesso fugge, si rivela effimero come l'attenzione.

le parole fuggono, la velocità incalza, dimenticandoci del tempo e dello spazio, commettiamo l'errore più grave, cioè dimenticare, perché dimenticare, come afferma un testimone internato, è grave come commettere le atrocità perpetuate durante il nazi-fascismo.

Per non correre il pericolo che il passato si ripeta in altre forme, o nelle stesse,che i demoni del passato ritornino, dobbiamo conoscere e ricordare.


Al di là degli schieramenti politici, delle differenze, delle aspettative, meditiamo e ricordiamo.

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.>

Primo Levi

Alex